Stream of ConsciuoSMell – Volume 1

Ascoltare un profumo in fondo è ascoltare noi stessi: impressioni profumate

Mentre chiacchieravo con Lellina in merito ad una fragranza che entrambe stavamo provando, ho pensato che per me è sempre molto bello e soddisfacente condividere evocazioni, reazioni più o meno immediate, scatenate dal fatto di sentire un odore in boccetta: una fragranza che è stata pensata e realizzata da qualcuno con intenzioni più o meno specifiche, che per ciascuno di noi suscita però esiti più o meno differenti. È divertente! È un’esperienza.

Ascoltare un profumo in fondo è ascoltare noi stessi; quando l’odore attiva la memoria olfattiva si parte per un viaggio: un viaggio introspettivo certo, ma anche nel tempo e nello spazio. Si procede per associazione di idee ed emozioni e si cerca di dare poi una forma a queste attraverso la parola, una descrizione di quanto è successo dentro di noi per renderlo fruibile agli altri.

Nella critica letteraria, lo stream of consciousness (“flusso di coscienza”) è una modalità o metodo narrativo che tenta di “dipingere i molteplici pensieri e sentimenti che passano attraverso la mente” di un narratore. Il termine è stato coniato da Daniel Oliver nel 1840 in Prime Lines of Physiology: Designed for the Use of Students of Medicine. Il primo teorico del flusso di coscienza può essere individuato nello psicologo e filosofo francese Victor Egger (1848-1909), ed il concetto si sviluppa ulteriormente dopo le pubblicazioni di Sigmund Freud sulla psicoanalisi che propone i primi studi sull’inconscio.

 

Nella mia mente romanticamente umanistica, seguire il flusso dei propri pensieri annusando un profumo costruisce un monologo interiore e ci rende tutti un po’ James Joyce, Thomas Stearns Eliot, Italo Svevo, Jack Kerouac, Luigi Pirandello, Virginia Wolf… Ogni volta che applichiamo questa tecnica narrativa nell’esprimere il racconto di ciò che l’odore percepito risveglia dentro di noi.

 

Lellina mi racconta quali sono le sensazioni che le provoca il profumo, dicendomi che l’apertura per lei è “spiazzante” e vi riconosce l’odore della gomma/plastica di vecchi giocattoli: sta viaggiando quindi nel tempo nella sua coscienza. Poi, durante l’evoluzione, riesce ad inserirlo in un contesto completamente diverso.

Il valore della coscienza

Lo scambio con Lellina è continuato ascoltando le sue sensazioni. Mi diceva che riconosceva e non discuteva la costruzione, la struttura e la bellezza della fragranza, ma che non sapeva se effettivamente questa potesse fare al caso suo perché non faceva parte della sua personale costellazione di note, odori, evocazioni che le permettessero di dire (cito letteralmente): “Wow! Sembri un’estensione di me stessa!”. Lei questo odore lo sentiva distante; non lo sentiva suo.

L’espressione che ha usato mi ha colpita moltissimo, primo perché la capisco bene: sento di viverla proprio sulla mia pelle da appassionata di profumi ogni volta che utilizzo il naso per provare qualcosa di nuovo, quindi ho empatizzato tantissimo!

E poi perché mi ha fatto riflettere sulle motivazioni che ci spingono a scegliere e ad indossare un profumo visto che capivo davvero bene lei ma molto meno chi invece indossa un profumo senza provare un sentimento, senza sentire un’emozione, come una maschera o come qualcosa da sfoggiare. Ed ho pensato anche che, se così non fosse, probabilmente il settore non avrebbe mercato.

Il profumo è un bene di lusso. Sì, ma in che senso?!

“…quanto è bello indossare qualcosa che parli in qualche modo di noi, magari anche lussuoso (why not) senza urlare ma solo sussurrando… Io non sono più una ragazza, non amo stordire le persone con la fragranza che indosso. Oltre a questo, non amo che “tutti” sappiano di cosa profumo.” 
Lellina

Al giorno d’oggi sembra che si debba urlare qualcosa, perché va di moda così! Bisogna millantare.

A me basta pensare al fatto, ma è solo un esempio, che per queste cose siamo tutti inseriti nel contesto online, popolato di personaggi (e non a caso dico personaggi) che fanno del profumo un accessorio solo da sfoggiare, di cui vantarsi. E a volte, mi sembra tutto una gara.

Mi viene in mente ad esempio un personaggio che si può ad oggi definire “influencer” oltre che “content creator”, con un seguito molto nutrito e che pubblica reels in cui promuove (a che titolo non si sa) “profumi per scopatori”. Questo tipo di contenuti sono sempre i primi che mi vengono (posso usare un avverbio? Tristemente) proposti quando qualche amico maschio mi chiede informazioni perchè si incuriosisce della materia. Perché sono catchy! E per il marketing funzionano.

A me sembra che in questi casi si faccia però il percorso inverso, al contrario, e che si strumentalizzi il profumo per far voltare la gente per strada o acchiappare un complimento. Ecco che la propria identità, il proprio vissuto, non contano più. Si perde completamente di vista la bellezza disarmante del fatto che una fragranza possa rispondere ad una necessità che è solo nostra, magari inconscia, magari istintiva, in un modo unico che funziona solo per noi.

Giusto o sbagliato? Un punto di vista “romantico”

Ma che cosa vogliamo dire di noi con il nostro profumo? Senza giudicare le scelte di nessuno perché ognuno è libero di aderire alla visione che preferisce o che sente più affine alle proprie necessità, io penso: non è più bello indossare qualcosa che possa identificarci e magari anche distinguerci, perché nella fragranza che indossiamo ci sentiamo noi stessi e magari lo raccontiamo agli altri? Non c’è bisogno di farlo ad alta voce, come dice Lella. È una scelta.

 

Magari la differenza sta nello scegliere, e volerlo fare consapevolmente, una fragranza che ci faccia essere delle personalità, che rispecchi la nostra, e non solo sembrare dei personaggi. Ci sono personalità prorompenti che, di conseguenza, magari sentono bisogno di indossare profumi prorompenti perché vi si identificano; ce ne sono altre che hanno ugualmente tanto da dire ma lo fanno prediligendo un codice più intimo. Tutto questo è l’estensione di sé, della propria essenza, della propria coscienza, della propria sensibilità.

La Sensibilità è
l’abito più elegante e prezioso di cui l’intelligenza possa
vestirsi.
” 

Lo ha detto quel romanticone di Osho! Ed io, mi sento molto d’accordo.

Grazie Lella per tutti questi spunti di riflessione!

 

Mel 🌷

2 commenti su “Stream of ConsciuoSMell – Volume 1”

  1. Davvero un bell’articolo Mel, hai una scrittura molto scorrevole e piacevole! Mi è piaciuto molto il paragone con gli stream of consciousness, anch’io preferisco parlare di profumi in termini di sensazioni-emozioni-evocazioni più che di note! Bella la critica non troppo velata ai vari fenomeni dal click facile e la riflessione sul profumo che riconosciamo o meno come estensione di noi stessi. Alla fine il vero lusso é quello di trovare una fragranza che ti identifichi, citando Lana Del Ray “you fit me better than my favourite sweater”: questo è il feeling a cui dovremmo puntare! Mi permetto di aggiungere che é estremamente divertente ricercare fragranze che ci permettano di giocare con le varie sfaccettature della nostra personalità: saranno sempre un’estensione di me, ma domani potrei sentirmi malinconica e optare per un Ombre dans l’Eau o essere giocherellona e farfallina accompagnandomi con Lust in Paradise, questa é la parte che personalmente più mi diverte! Grazie per questa lettura 🌸

  2. Io sono pienamente d’accordo con te Mel. Quanto è bello indossare un profumo come fosse il prolungamento delle nostre anime.

    Storpiando Faber “Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una fragranza

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